La Cantina

La Storia

Nel 2003, in questa piccola tenuta di fronte al mare, alle pendici del Vulcano Laziale, tra le colline dei Castelli Romani, sotto la guida dell’enologo Luca D’Attoma abbiamo creato un’azienda che unisce tradizione e innovazione. La lavorazione e la produzione, dall’acino alla bottiglia, sono fatte da noi, sulla nostra terra.

Crediamo nella ricerca della qualità a tutti i costi, per questo ci impegniamo nella creazione di prodotti buoni, utilizzando le migliori risorse della tecnologia e rispettando la nostra materia prima: la terra.

Il Terroir

I Castelli Romani sono un territorio da sempre vocato all’agricoltura, con una antichissima tradizioni vitivinicola che affonda le sue radici nella storia romana.

Il nostro territorio, caratterizzato dalle alture del Vulcano Laziale, è accarezzato dalle brezze marine provenienti da sud e protetto a nord dai venti più freddi dell’Appennino. Le sue colline sono dolci e varie, concorrendo a disegnare la mappa ideale per esposizione, altitudine e temperatura. Il suolo è ricco, molto profondo, con abbondanti sorgenti d’acqua, grazie all’attività millenaria del complesso vulcanico ora dormiente.

Non a caso le nostre zone erano scelte dalle famiglie nobiliari e dai papi come meta ideale per i soggiorni estivi a poca distanza da Roma: la nostra tradizione agricola e culinaria deriva da una lunga storia di accoglienza.

Metodo Bio

Amare il territorio significa prima di tutto proteggerlo. Fin dall’inizio, quindi, la scelta del metodo biologico è stata la via più “naturale” da intraprendere per valorizzare i nostri prodotti e i nostri vigneti.

L’agricoltura biologica rispetta l’ambiente, il suolo e preserva la biodiversità promuovendo l’uso di prodotti di origine organica e di tecniche meccaniche.

Abbiamo progettato la nostra cantina in funzione della produzione di energia fotovoltaica: 40 kW di elettricità per compensare le lavorazioni e la produzione del freddo.

 

Abbiamo introdotto il metodo di potatura ramificata per preparare la vite a difendersi dalle malattie del legno e a svilupparsi omogeneamente lungo il filare. L’allevamento a guyot e la potatura verde aiutano la naturale autodifesa della vigna, riducendo la necessità di sostanze artificiali.

I terreni sono lavorati con l’estirpatore, che penetra in profondità, smuove la terra e taglia le radici superficiali della vite fino ad una profondità di circa 40 centimetri. Successivamente la vangatrice dissoda la terra rendendola soffice. Tra le viti si passa un piccolo aratro che scalza la terra a inizio stagione rimuovendo le erbacce; successivamente, verso il mese di giugno, passato al contrario l’aratro rincalza la terra attorno alla pianta per darle protezione dai picchi di calore ed evitare che la stagione secca produca crepe che mettono le radici delle piante a contatto con l’aria, provocandone l’essiccamento.

Se il prodotto naturale dell’uva è l’aceto, intervenendo in questa trasformazione spontanea l’uomo ha trovato il modo di creare un prodotto artificiale che racchiude e arricchisce i profumi e i sapori della terra: il vino.

La rottura della buccia determina l’inizio della fermentazione e la dispersione delle proprietà organolettiche, per questo deve avvenire in un ambiente protetto e pulito. La raccolta delle uve a mano in piccole cassette previene la rottura dell’acino in campagna evitando che in cantina arrivi del mosto inquinato.

Con l’aiuto delle basse temperature e dell’anidride carbonica manteniamo intatte le caratteristiche organolettiche dell’uva durante tutte le fasi della lavorazione.

Gli acini selezionati vengono inviati alla pressa soffice, dove il mosto fiore estratto è circa il 53% della massa iniziale. Dall’estrazione del mosto fiore in poi tutti i processi avvengono in assenza di ossigeno e a temperatura controllata. La chiarifica del mosto con l’uso di bentonite fa precipitare le fecce più grossolane.

La fermentazione avviene in vasche di cemento, che mantengono naturalmente la temperatura intorno ai 14°C. La fermentazione inizia inoculando lieviti selezionati certificati bio che si attivano a 10° C.

A processo ultimato, si trasferisce una parte del vino in contenitori inox, una parte in cemento e il restante in botti di rovere da 10 ettolitri. L’aggiunta dei solfiti avviene durante i travasi, ma riusciamo a mantenerne la quantità totale molto bassa grazie all’uso sapiente e attento del freddo.